giovedì 13 aprile 2017

Recensione: "Tredici" di Jay Asher

Cari lettori, come state?
Nell'ultimo periodo avrete sentito un po' ovunque di Tredici, la nuova serie tv di Netflix, ma oggi voglio parlarvi delle mie impressioni sul romanzo da cui è stata tratta, uscito, pensate un po', ben dieci anni fa. Il successo capita sempre in modo strano, vero?




"Tredici" di Jay Asher

  ❤  ❤ 
Editore: Mondadori
Serie: Autoconclusivo
Prezzo: 14,45 €
Trama: 
Clay torna da scuola e fuori dalla porta trova ad aspettarlo una pessima sorpresa: sette audiocassette numerate con dello smalto blu. Ascoltandole, scopre che a registrarle è stata Hannah, la ragazza per cui si è preso una cotta. La stessa ragazza che si è suicidata due settimane prima. Quelle cassette sono il suo modo per avere l'ultima parola sulle vicende che, secondo lei, l'hanno portata alla morte: facendole scorrere, Clay scopre che il destinatario del pacchetto deve ascoltarle e poi passarle al successivo di una lista. Nelle cassette, 13 storie: ognuna legata a una persona che ha dato ad Hannah una ragione per togliersi la vita. Seppur sconvolto, non può resistere alla tentazione di esplorare a fondo la storia che lo riguarda e, guidato dalla voce di lei, visiterà i luoghi che lei vuole mostrargli, finché non gli rimarrà altro da ascoltare...




RECENSIONE


La recensione di Tredici non è facile.
Non perché sia un libro complesso, ma perché mi trovo a oscillare fra l'odio e l'amore - se fate un giro sui blog, le opinioni sul romanzo di Asher sono o bianche o nere. Insomma, o avete capito appieno il messaggio del libro, o l'avete ignorato, catalogandolo come "poco credibile".
Ebbene, io mi ritrovo a metà strada.


E' inutile che io vi ripeta la trama, è ben chiara nella sinossi e più di così non si può approfondire. Perciò vi dirò direttamente ciò che penso: Tredici è un libro sul suicidio che non parla di suicidio. Lo so, sembra strano, perché ovunque leggiate le persone sembrano dibattere proprio su questo punto per far avvalere le proprie ragioni, per spiegare perché l'hanno amato oppure odiato.
Ebbene, per come la vedo io, Tredici parla di bullismo. Parla della cattiveria adolescenziale, delle sciocchezze dovute all'età e alla propria indole. Non parla di suicidio, come potrebbe? nessuno può parlare di suicidio, ma solo di ciò che lo precede.


La storia di Hannah non mi ha toccata nel vivo, non ho empatizzato con lei. Certo, come tutti ho subìto cattiverie nella mia vita, ma non è questo il punto. Hannah avrebbe potuto raccontarmi le cose più brutte e tristi al mondo, che non avrei sentito nulla.
Non ho patito l'ansia, il batticuore, la tristezza che invece mi aspettavo di sentire durante la lettura.
Perché? vediamo... innanzitutto, a fine libro, la supponenza sull'argomento dello scrittore viene fuori.


Mi aspettavo dicesse di esser stato ispirato da una storia vera, che il tentato suicidio di una sua parente (parole sue) avesse giocato un ruolo fondamentale nella stesura della storia, e invece? invece no. Asher si trovava in una stazione di servizio quando Hannah ha iniziato a bisbigliargli nelle orecchie. E così, su due piedi, il libro ha visto la luce.
Premetto che so bene che la maggior parte dei romanzi sono opere di fantasia, per nulla ispirate a storie vere, ma vedete, Asher, dopo la pubblicazione di Tredici, ha fatto il giro delle scuole per spiegare il tema trattato, per narrare la sua versione della storia, e ha ricevuto un sacco di messaggi privati di gente che lo ringraziava, perché si rivedeva nel personaggio di Hannah.
Alt.
Avete capito cosa voglio dire?
Asher ha messo su carta ciò che molta gente passa durante la propria vita (ingiustizie, cattiverie, momenti di depressione), ha fatto un piccolo "tour" per parlare di questo, e poi, le prime cose che ci dice terminato il romanzo, sono che era da nove anni che tantava di farsi pubblicare.
Sul serio? è davvero questa la prima cosa che gli è venuta in mente dopo i ringraziamenti?
Nel mio caso, ha annullato ogni briciolo di empatia che potessi avere verso i personaggi del suo libro.
Però, una cosa giusta l'ha detta, glielo riconosco: Tutto agisce su tutto.
Ecco, è di questo che parla Tredici, dei sassolini che formano una montagna, o, come dice Hannah, dell'effeto valanga, delle situazioni che si accumolano fino a portare a una via estrema come il suicidio.
Questo è il secondo punto su cui mi voglio soffermare nella mia recensione - sto andando per le lunghe, scusate - e che tira in ballo le fazioni "odio" e "amore" di cui parlavo prima.
Le recensioni positive sono, ovviamente, di persone che si sono riviste nella mente di Hannah.
Le recensioni negative, invece, di chi ha trovato stupide le motivazioni che l'hanno spinta a togliersi la vita.
Ecco, è alla seconda categoria che voglio parlare: quale sarebbe la scusa giusta per suicidarsi, allora?
Vi faccio un esempio. Un uomo decide di farla finita perché ha perso il lavoro. Un altro uomo, con moglie, figli e lavoro stabile, decide, dall'oggi al domani, di mollare tutto per vivere sotto a un ponte, come senzatetto (è successo, sul serio).
Sono entrambe due scelte estreme, che molti faticano a capire e che mai prenderebbero in considerazione, vero? eppure, per il primo uomo, vivere senza lavoro è impensabile. Per il secondo, lo è togliersi la vita. 
Quindi chi ha ragione?
Nessuno, o entrambi.
Non esistono motivi giusti o sbagliati per suicidarsi, ma solo motivi personali.
Ognuno è sensibile a proprio modo. Tutti noi abbiamo pensieri negativi, e per chi soffre di ansia come la sottoscritta, sa bene che il suicidio è un tarlo ricorrente nella testa. No, non il suicidio in sé, ma l'idea del suicidio, la paura che, un giorno, la propria depressione possa portarti a compiere il gesto estremo. Ebbene, questi pensieri si chiamano pensieri intrusivi - sono nostri, ma non proprio, e servono solo a farci stare male, riempire di paranoie. Credo che il personaggio descritto da Asher, Hannah, soffrisse di ansia, depressione, di pensieri intrusivi, ma che non volesse suicidarsi, come la maggior parte di chi soffre di queste cose.
Motivo? il pensiero del suicidio le veniva in testa solo dopo cose brutte.
Be', un classico. E' così che capita a chi è ansioso, paranoico. Quando c'è qualcosa che non va, quando si è da soli, quando non ci si distrae, l'ansia decide di fare il suo lavoro: e via, alla girandola dei pensieri orribili.
Avanti, su, chi non li ha mai avuti?
Non avete mai pensato "ora ammazzo qualcuno" - "vorrei morire" - "(nome a caso) è così stronzo che vorrei tirargli un pugno". Ma l'avete mai fatto? Lo fareste mai? no, probabilmente no.
Sono pensieri che vengono e se ne vanno, ma per chi è ansioso, rimangono lì. Un giorno, una settimana, dei mesi. Poi passa, magari per sempre, magari per poco, ma è così che si vive quando si soffre di certe condizioni mentali.
Credo che Hannah fosse un personaggio simile. Credo che non volesse suicidarsi, ma che fosse succube della propria negatività, della propria ansia.
E lo penso anche a causa di ciò che fa nel libro, come la audiocassette. Hannah ha registrato diverse audiocassette, e, nel mentre, ha deciso di uccidersi. Eppure, chi sceglie di farla finita è egoista. Non egoista nel termine che conosciamo tutti, ma in quello che esclude ogni legame con gli altri, ma anche con se stesso. Chi si vuole suicidare, di certo non registra delle audiocassette dove incolpa chiunque. Non le manda in giro, minacciando di far venire fuori la verità. Semplicemente perché questi pensieri, la vendetta in particolare, non fanno parte di una mente suicida, per come la penso io.
Se vuoi farla finita, non riesci nemmeno a dispiacerti per i tuoi cari, quindi figuriamoci a provare rabbia verso qualcuno di poco conto.
Ma Hannah è arrabbiata, Hannah manda in giro i nastri dove minaccia chi l'ha portata a suicidarsi. E Hannah, alla fine del libro... rimane in vita! avete letto bene, forse ho fatto uno spoiler, ma non temete: lo spoiler è del finale non scritto, non pubblicato, quello che l'autore voleva usare all'inizio.
Asher aveva terminato il romanzo con un lieto fine. Con Hannah salvata per miracolo.
E questo a cosa porta? a ciò che ho detto prima: l'autore ha giocato un po' di supponenza. L'autore non voleva scrivere di suicidio, ma di bullismo, e in quello ci è riuscito alla grande.

In conclusione? un libro carino, che mi farà guardare la serie, ma non ciò che mi aspettavo.




9 commenti:

  1. Cazzarola, non sapevo del finale non scritto! Un attimo mi hai fatto prendere il panico, pensavo di aver letto male io!
    Comunque direi che con questa recensione ci hai azzeccato molto, ma da ciò che hai scritto non mi è sembrato che il libro non ti fosse piaciuto! Devo dire che anch'io ho dovuto metabolizzarlo, all'inizio.
    L'invio delle cassette, avendo letto solo il finale pubblicato, io l'avevo visto in questo modo: per una volta voleva che qualcuno la ascoltasse. Molti suicidi lasciano biglietti d'addio, e questo è stato il suo. Voleva che le persone che voleva sentissero la sua voce.
    Comunque: "non esistono motivi giusti o sbagliati per suicidarsi, ma solo motivi personali." Penso che sia la cosa più giusta che qualcuno abbia mai detto nella storia dell'umanità.

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    1. Diciamo che non mi è dispiaciuto, ma avevo aspettative alte e mi è stato presentato in un modo diverso!
      Comunque, a certi adolescenti non farebbe male leggerlo. E il finale diverso lo hanno inserito ora nella nuova edizione, mi sa, se tu non l'hai letto!
      Ho collegato anch'io cassette = biglietto di addio, ma poi il tono con cui Hannah le incide mi ha fatto cambiare idea. Se era capace di tanta rabbia, perché non usarla per migliorare? Non so, non mi ha convinta :/
      E LOL al commento xd

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  2. Sono molto curiosa di leggere questo libro, anche se non ho aspettative in merito. Da quanto ho letto nella tua recensione, ciò che ha scritto l'autore è un po' contraddittorio, ma sono d'accordo con te, non farebbe male agli adolescenti leggere libri che trattano temi del genere.

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    1. Ti consiglio di leggerlo per farti una tua idea, naturalmente, ma credo che la serie tv sia migliore - almeno da quel che si dice in giro. L'unica pecca è che pare l'abbiano voluta dividere in due stagioni!

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  3. Io avevo aspettative enormi su questo libro e non le ha soddisfatte... Mi è piaciuto ma non come immaginavo!
    Mi sono unita con piacere ai tuoi lettori fissi!
    Se ti va di ricambiare ti aspetto da me!
    http://lamammadisophia2016.blogspot.it

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    1. Purtroppo è successo anche a me :(
      Comunque mi unisco con piacere! :D

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  4. Arrivo tardi per i commenti, ma ciò che mi sento in diritto di dire è: la storia e in particolare la personalità e la malattia di Hannah vengono trattate in modo molto superficiale, se non addirittura equivocabile e palesemente raccontate da chi non sa cosa siano in effetti i disturbi mentali.
    Gente che non sa, che non li ha vissuti a strettissimo contatto (come psicologi o amici che conoscono i pensieri di chi soffre) non potrà mai farne uscire un'opera vera, reale, ma soltanto una storia inventata che magari sì, potrà basarsi su una storia realistica, ma che ci si avvicinerà soltanto e in ogni caso risulterà piena di inesattezze. Ecco perché secondo me questo libro è fuorviante.
    E chi ha sofferto di depressione non potrà che arrabbiarsi notando nella storia certe lacune.
    A partire dal presupposto che i motivi per cui Hannah si è tolta la vita siano ricondotti solamente alle Tredici "violenze" che ha subito (cosa poi impossibile per una persona sola). Una persona non vuole togliersi la vita "perché tizio mi ha fatto questo", è la malattia in se a prendere il controllo della mente e a cambiare radicalmente i pensieri e l'umore di chi ne soffre. "tizio mi ha fatto questo" è soltanto UNO dei fattori che possono aver innescato o peggiorato la malattia. Pensate che una persona si suicida "perché ha perso il lavoro"? E che solo questo sia sufficiente? Allora perché tutti i milioni di disoccupati nel mondo non si tolgono la vita?
    È tutto molto semplicistico, e senza dubbio narrato da un punto di vista unilaterale.
    D'altra parte c'è questa forte idea, che si può dire sia quasi il focus della storia, che il rancore che Hannah prova verso chi le ha fatto del male sia addirittura più forte del senso di colpa che lei prova verso se stessa. Vi dico una cosa, da chi ci è passato: Tutto ciò che una persona depressa vuole al punto da ideare concretamente un suicidio è di togliersi di mezzo perchè si sente un peso PER gli altri. Se chiedete a chi soffre perché vuoi farlo? Vi risponderà perché sono soltanto un peso, non merito nulla, è tutta colpa mia, non posso più sopportare il dolore" E il rancore per i torti subiti sarà sempre e solo una fetta del dolore che fa provare la malattia...
    Spero che ciò che ho scritto faccia riflettere.
    Un saluto! :)

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